La nascita dell’ulivo trova le sue radici nella mitologia greca. Si narra, infatti, che la Dea Atena piantò in terra di Puglia il primo albero di ulivo.
I Greci lo ritenevano una pianta sacra, simbolo di coraggio, forza e pace: chi recava danni o la sradicava veniva addirittura mandato in esilio.
Le prime scoperte di coltivazione di olive in terra pugliese risalgono al periodo del Neolitico.
Le olive, fin dai tempi antichi, hanno sempre avuto un notevole riscontro nell’alimentazione dei popoli del bacino del Mediterraneo. Alcuni antichi reperti testimoniano un’intensa attività di produzione e vendita di questi alimenti già dai tempi dei Romani e dei Greci.
L’olio ricavato dagli ulivi pugliesi veniva utilizzato dai Romani anche come unguento da spalmare per la bellezza del corpo, oltre che come ingrediente capace di alimentare lucerne e lampade.
LA RACCOLTA DELLE OLIVE
Ai tempi dei nostri nonni, la raccolta delle olive avveniva in modo tradizionale,erano ancora lontani i tempi degli strumenti della moderna tecnologia (ad esempio, i vari tipi di scuotitori, da quelli leggeri a quelli pesanti).
Sul finire dell’estate si ripuliva, si spianava e si compattava il terreno sotto gli alberi, formando una specie di aia di forma circolare, leggermente più ampia della chioma dell’albero.
Le olive cadevano per terra o per effetto della maturazione o per l’azione del vento, e venivano raccolte dalle raccoglitrici. Questa era un’operazione che si svolgeva periodicamente, quando le olive cadute formavano uno strato sotto la pianta e si potevano raccogliere più agevolmente,non considerando il fatto che il momento più conveniente per la raccolta è quando la drupa non è ancora completamente matura: proprio allora è possibile ottenere olio col più basso grado di acidità.
Le raccoglitrici si aiutavano spesso con l’uso di scope rudimentali, formate da un mazzo di rami di arbusti legato all’estremità di un bastone.
Con la scopa le olive venivano accumulate in un punto dell’Aia, in prossimità del quale, su un telo, era stato sistemato una sorta di setaccio a rete larga: le olive erano così sottoposte a cernita per essere separate dalle foglie e da altri materiali estranei quali terra, pietruzze e altro.
Dopodiché, venivano raccolte nei panieri con le mani, avendo cura di eliminare eventuali impurità sfuggite al setaccio. I panieri a loro volta venivano svuotati nei sacchi che, caricati sui carri o sui traini, erano trasportati o al frantoio per la molitura, o in un locale di deposito in attesa della vendita.
L’ultima raccolta era preceduta dalla “bacchiatura”, che era eseguita dagli uomini. Questi si arrampicavano sulla scala a pioli e, una volta raggiunta l’altezza giusta, con un lungo bastone (bacchio) scuotevano i rami, facendo cadere le olive per terra da dove, poi, erano raccolte dalle donne.
Questo era un metodo di raccolta che non garantiva la qualità dell’olio e danneggiava la pianta, compromettendo in qualche modo la fruttificazione dell’anno successivo.
Così come oggi, anche ieri i contadini (soprattutto i proprietari di uliveti), si preoccupavano di fare la provvista dell’olio per la famiglia e di raccogliere olive da conservare per i vari usi di cucina e della tavola.
Affinché l’olio fosse veramente buono o per assicurare alla conservazione un prodotto di qualità, le olive venivano raccolte direttamente dalle piante, scegliendo le migliori, le più sane, quelle giunte al punto giusto di maturazione.
Le olive destinate alla produzione dell’olio erano portate immediatamente al frantoio per la molitura. Quando ciò non era possibile, venivano disposte su cannicci, in strati di spessore molto contenuto, in modo da favorire la traspirazione e il passaggio dell’aria, evitando il riscaldamento e l’ avvio del processo di fermentazione.
Come riconoscere un olio pugliese buono?
Ogni olio extravergine di oliva nasce da territori e climi diversi, da varietà di olive differenti, da metodi di raccolta, spremitura e lavorazione che cambiano da regione a regione ma anche da frantoio a frantoio.